terremoto

TERAMO – Se è vero come si dice che non sono i terremoti ad uccidere ma gli edifici che crollano sotto la loro spinta, adesso chi costruisce e chi amministra a Teramo non potrà più avere scuse. Progettisti e pianificatori, infatti, sono i principali destinatari delo Studio di microzonazione sismica di livello 3, analisi quantitativa del rischio che caratterizza una determinata zona del territorio comunale, in caso di terremoto. Adesso, dunque, è noto dove e quanto, a Teramo, un terremoto farebbe più danni. Lo ha spiegato l’autore dello studio, il geologo Matteo Collareda, a cui il comune ha affidato lo studio. Che ha effettuato decine e decine di rilevazioni, utilizzato e aggiornato il precedente studio e ha reso una sintesi, oltre che strumenti e modelli sui cui calcolare i fattori di rischio: "Non c’è vincolo di costruzione a Teramo – ha detto – ma trattandosi di un territorio geologicamente disomogeneo, bisogna valutare una serie di fattori, a cominciare da cosa c’è sotto alla città".
Conoscere cosa c’è sotto, considerato che la geologia del territorio è alla base di ogni studio sismico, è decisivo: si può calcolare, a seconda della composizione geologica, quale sia il fattore di amplificazione dell’onda sismica, e prevedere quelli che si chiamano ‘efftti di sito’.
Teramo, almeno il centro storico, poggia su un ampio strato di ghiaie, più o meno profondo procedendo da Porta Madonna fino a piazza Garibaldi, tra i 27 e i 19 metri, prima di arrivare al substrato roccioso della Laga. E’ il passaggio attraverso questi materiali geologici che determina le conseguenze del sisma sulle strutture. La loro conoscenza, permette di fare prevenzione, cioè costruire (ma anche ricostruire adesso dopo i danni del terremoto 2016-17) secondo criteri ben definiti che attenuano al massimo i rischi sismici. "L’onda sismica viene verso le nostre case – ha spiegato Collareda -, passa nel substrato roccioso, poi passa più in superficie, alle ghiaie: è qui che l’onda si amplifica, si modifica e rimane intrappolata, generando uno scuotimento ad una determinata frequenza di oscillazione, figlia della goelogia che sta sotto. Se io, progettista o strutturista, conosco la frequenza di oscillazione del sito, saprò dire quale sarà la struttura maggiormente sollecitata.
A Teramo questo si traduce in una filosofia: zona industriale, centro storico e colline sono, nell’ordine a salire, i punti a più alto rischio: "Anche se è vero che non conta soltanto la geologia nella valutazione del rischio sismico – ha aggiunto il geologo vicentino -, conta anche la vulnerabilità delle strutture". Ovvero, costruire conoscendo lo Studio di microzonazione, che serve ai progettisti per capire quali sono le criticità e serve per la pianificazione, cioè dove dirottare gli sviluppi urbanistici piuttosto che individuare le aree di ammassamento in caso di emergenza.
Collareda, parlando ai professionisti e al personale dell’ufficio tecnico del Comune, riuniti a L’Arca in largo San Matteo, ha comunque tenuto a precisare che il capoluogo teramano si trova sì "tra zone sismologicamente produttive", ma che, come buona parte dell’Italia, attraversata dalla linea di contatto tra le placche africana ed euroasiatica, "può attendersi terremoti, quando particolarmente violenti, al massimo di magnitudo tra 6 e 6.5, perchè geologicamente non abbiamo strutture in grado di generare più di un tot di energia". Un esempio? La differnza tra il terremoto dell’Aquila nel 2009, "generato da una rottura crostale di circa 10 chilometri e quello di Sumatra del 2004, che provocà tsunami e 100mila morti, di magnitudo 9: lì la crosta si è dislocata su una linea di 1.200 chilometri… Da noi è impensabile, e la nostra progettazione deve essere tarata su queste".
Per arrivare a concludere lo Studio di microzonazione sismica, è stato simulato un terremoto a Teramo, con la costruzione di un modello matematico e facendo riferimento anche allo storico (200 indagini pregresse), compreso il terremoto devastante del 1600, il più severo registrato in città, con oltre 160 indagini sismiche (tra HVSR e REMI), 24 indagini elettriche, 2 sondaggi geognostici e 2 analisi di colonna risonante.
Il Comune si pone tra i primi ad avere lo Studio, anche se previsto per legge. Il sindaco Gianguido D’Alberto lo ritiene "fondamentale per ridefinire la pianificazione urbanistica del nostro territorio, come ad esempio per le scuole così come a tutti gli edifici pubblici strategici e alle aree di sviluppo, su dove e come costruire. Insomma, è passo importante per una ‘rivoluzione’ urbanistica del nostro territorio". "Questo studio ci deve proiettare nella dimensione di costruire le nuove opere secondo modelli che tengono conto della realtà geologica del nostro territorio – ha aggiunto anche l’assessore al Governo del territorio, Stefania Di Padova -. Ma soprattutto ci permetterà di redigere, in collaborazione con la Protezione civile, un piano delle emergenze puntuale e sicuro".